Da: "Luca Castellani iz4djc"
ELETTROSMOG:
ecco le conseguenze per
i radioamatori
provocate dai profeti di
sventura
"IZ3DEB" ed il suo email mi ha fatto vedere me allo specchio.
Anche a me sta succedendo piu' o meno la stessa cosa da moltissimo tempo.
Mi chiedo quanti siano in italia i radioamatori cosi' ingiustamente trattati.a
volte mi sono sentito umiliato dai miei condomini come se l'essere
radioamatore fosse una cosa un po' da' deliquenti, persino mio figlio piccolo,
stanco di tanti discorsi un giorno mi ha chiesto di togliere l'antenna dal
tetto condominiale.
Sono soprusi, nati dall'ignoranza che nessuno credo possa far cambiare nel
modo di pensare
degli italiani.
Perche' non si fa' un sondaggio per sapere quanti sono in italia attualmente
in causa col condominio o in altro modo?
E perche' non si fa' qualcosa per cambiare questa opinione su di noi?
Non cerchiamo colpevoli non diamo colpo ad altri, facciamo qualcosa credo che
qualcuno dovrebbe.
Io sono stato in causa col condominio perche' ho montato le antenne sul tetto.
Ho vinto la causa ma adesso ho dovuto io fare una causa perche' non mi danno
accesso alle antenne.
Per la mia ultima manutenzione ho dovuto noleggiare un carrello elevatore,
(nella foto) mi hanno chiesto i danni perche' ho lasciato i segni sul prato
con le ruote ,,,500 euro
Mi tagliano i cavi dei dipoli, mi allentano i tiranti spaccano e forano con il
trapano il tetto per fare infiltrare l'acqua cosi' che i condomini si
lamentano,e poi la colpa e' dell'antenna che VIBRA io non accesso e non posso
fare manutenzione, non ho le prove per dimostrare cio' che fanno e loro
chiedono danni causati dalle mie antenne.
Cosa devo fare le smonto????
Il giudice alla causa ha chiesto perche' non mi fanno passare per la
manutenzione, l'avvocato ha risposto che l'antenna era pericolosa e il giudice
ha detto la facciamo smontare...........
Sono stanco disperato e anche la passione se ne sta' andando.
Io ormai nel mio rione no ho piu' ne nome ne cognome per tutti sono QUELLO
DELL'ANTENNA.
MA NON MI ARRENDO
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4 -
LA QUOTA
ASSOCIATIVA,
EDIRADIO E IL
DIRITTO DI SAPERE
CARO PRESIDENTE...
RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
Da: "IZ5FCY Roberto"
Fatti di cui *NON* si parla
Agli Amministratori dell' A.R.I. Associazione Radioamatori Italiani
(Presidente, VicePresidente, Segretario, ViceSegretario, Consiglieri e
Sindaci)
a RadioRivista (con preghiera di pubblicazione),
e p.c., in Ccn,
al Comitato Regionale Toscano ed ai suoi Amministratori
(Presidente, VicePresidente, Tesoriere, Segretario e Sindaci)
ai Soci della Sezione ARI di Pontedera,
a RadioGiornale (con preghiera di
pubblicazione),
a tutti i Newsgroup Radioamatoriali,
a tutti i Forum Radioamatoriali,
a tutti i conoscenti ed amici Radioamatori
PREMESSA
Non ho apprezzato che dietro il mio intervento siano cresciute ed annidate
altre opinioni enormemente diverse dalla mia che hanno snaturato il reale
senso delle domande e della questione; tengo a precisare non sono né
vessillifero, né portaborse, né lacchè di chicchessia e se prendo la parola è
perché, personalmente, lo voglio, lo trovo giusto, doveroso,corretto ed
eticamente plausibile, nel bene e per il bene dell'A.R.I. e dei suoi
Associati.
Se qualcuno intende proseguire ed ampliare la discussione è il benvenuto, se
si intende trascinare la discussione e/o trascinarmi in situazioni delle quali
non sono palesemente edotto e consenziente, lo prego vivamente di astenersi e
se proprio intende farlo, lo faccia in proprio ed in prima persona.
Tengo a puntualizzare che i miei propositi sono quelli di dare risposta alle
mille piccole domande alle quali non è mai stata data risposta, instaurare un
clima di cristallina trasparenza in *ogni* azione dell'A.R.I., dei suoi
Amministratori pro-tempore cosicché rendere pubblici tutti gli atti
riguardante il Sodalizio e instaurare una "hot line" tra il vertice e la base.
Dalla prossima occasione mi rivolgerò al Presidente con cadenza periodica e su
un solo argomento, e per doverosa conoscenza, quasi a tutti.
LETTERA APERTA AL PRESIDENTE A.R.I
Caro Presidente,
ho avuto occasione di leggere il tuo "Fatti di cui si parla 22" ideato
antecedentemente il mio intervento, che è pertinente alle mie domande solo per
assonanza ma che non risponde affatto alle mie domande. Devo dire che l'ho
apprezzato moltissimo, perché mi ha fatto riflettere e comprendere con chi ho
a che fare, anche se ha ampliato ancora più dubbi ed interrogativi.
Caro Presidente dando per scontato che tu sia una persona giusta, molto
intelligente ed equilibrata, sarai anche in grado di valutare e forse
accettare qualche franco e disinteressato consiglio insieme ad un modesto
suggerimento sullo stile.
Caro Presidente, è mia personale opinione che tu stia utilizzando l'Organo
Sociale dell’Associazione per farci giungere i tuoi editoriali che, con
l’Associazione e gli interessi degli Associati hanno piuttosto poco a che
fare.
Caro Presidente, il tuo rivolgerti ai Soci, che bene o male stai
rappresentando, con malcelata sufficienza ecclesiastica, con serafico
paternalismo, con una vena appena sopita di sprezzante distacco, con un
malcelato background di arrogante superiorità, *NON* mi sembra che sia un
atteggiamento ed uno stile confacente alla persona che presiede una così
importante Associazione !!
Caro Presidente, scomodando antiche reminescenze liceali e parafrasando il
Manzoni ( che in apertura del suo capolavoro cita i suoi "venticinque lettori"
con spiritosa modestia ), per contrapposizione ho avuto la percezione che tu
stia sottodimensionando te stesso, citando i " diciannove eroi.." in tono
volutamente, ma non gradito, canzonatorio e diminutivo.
Caro Presidente, ti sembra opportuno e rispettoso ricorrere alla satira ed
all'uso sistematico dell'ironia ( sulla quale stendo un velo pietoso sulla sua
valenza ludica ) per farci giungere il tuo pensiero?
Caro Presidente, non starebbe a me ricordartelo ma anche il nostro
interlocutore massimo, il Ministro delle Telecomunicazioni pro-tempore , l'On.Gasparri,
ha "bacchettato" il tuo "modus operandi" come "poco gradito e inopportuno
nella forma e nei contenuti".
Caro Presidente, ritengo personalmente che l' Associazione non abbia bisogno
di un Rambo, di uno Zorro o di un Greggio.
Per quanto personalmente rilevo nel tuo modo di interloquire verso quello che
probabilmente ritieni il tuo "parco soci", questo tuo utilizzo dell' Organo
Sociale e della tua Carica Sociale per questioni freudianamente attinenti solo
al tuo ego, mi hanno portato vicinissimo e con pochissime riserve, al pensiero
ed alla considerazione che l’On.Gasparri, ahimé, ti ha pubblicamente palesato.
Caro Presidente, non intendo suggerirti alcunché ma mi è caro dirti che, con
la forte dose di amor proprio ed innato denso del dovere che mi ritrovo, in
analoga situazione avrei immediatamente rassegnato le mie irrevocabili e
definitive dimissioni dal Sodalizio!
Caro Presidente, mi si annerisce l' umore, notoriamente allegro, all' idea di
un Presidente, conduttore di "A.R.I. la notizia" o nelle vesti di RadioGabibbo
o ancor peggio nel dispensatore di Radio-Tapiri ! L' originale di Greggio e
Iachetti funziona bene anche senza cabarettistiche imitazioni.
Caro Presidente, questo è il mio "Numero 0" e dai prossimi interventi,
affronterò temi precisi, uno alla volta, circostanziando gli interrogativi ed
i dubbi ed attendendomi da te risposte altrettanto precise, senza fuochi d'
artificio, paroloni e citazioni altisonanti, termini canzonatori per la sola
soddisfazione ed il ludibrio della "claque", con l'utilizzo (sarebbe il
massimo) di una forma più urbana-..come dire? Da Presidente!
Cordialmente 73, 51 de
Roberto IZ5FCY
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5 -
Da: "Gianmarco Calore
LO SFOGO
considerazioni radio
Caro Paolo, non so cosa mi spinge a scriverti questa mail, forse il senso di
vergogna che sto provando in questo momento come radioamatore per ciò che
sento provenire dalla bocca di altri radioamatori (o presunti tali): sono le
15:45 di un uggioso venerdì 28 novembre, sto "smanettando" con il mio VFO
sulla banda dei 2 metri. Silenzio di tomba, anche l'echolink è muto. Arrivo su
R6 alfa del monte Cimone ed ecco lo xmeeter schizzare a 9+20! Finalmente
qualcuno che parla, dico io.... E invece ecco la solita caterva di portanti,
portantine, insulti, bestemmie, minacce del tipo "Ti spacco questo, ti spacco
quello..." da parte dei soliti noti RADIOAMATORI PATENTATI E DEBITAMENTE
AUTORIZZATI che non spetta di sicuro a me nominare in questa sede. Non voglio
scendere in particolari che sono conosciuti da tutti quei radioamatori che si
sono trovati a transitare su quel ponte anche solo una volta. Mi sto solo
domandando cosa stanno facendo i manutentori di quel ripetitore per porre
termine ad una situazione che si va protraendo ormai da anni. Possibile che l'Escopost,
il Ministero o chi oggi è così solerte a revocarti l'autorizzazione generale
se non hai pagato il conguaglio entro il 30 ottobre, ignori tutto ciò? Se la
nostra categoria è in crisi, non facciamo fuggire anche quei pochi SWL che
magari vorrebbero imparare qualcosa di costruttivo su come "fare radio".
Bene, dopo questo sfogo che mi vorrai perdonare, non mi resta che accendere il
mio TS50 e ascoltare un po' di HF, sperando di trovare almeno qui QSO più
sereni e - per me povero IW - senz'altro più istruttivi.
I migliori 73!
Gianmarco Calore, IW3HQD
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6 -
Da: "robertofichera1"
ALTRO SFOGO
NON SI PUO CONTINUARE COSI'...
CARI AMICI
CHI VI SCRIVE E UN SWL E ANCHE UN CB, CHE CON L'ANDARE DEL TEMPO SI STA
CONVINCENDO ANCOR DI PIU AD ABBANDONARE TUTTO, PER DARSI ALLA PAZZA "GIOIA" E
ALLA VITA MONDANA DELLE PIU POPOLATE CHAT.
DOVE GIRI GIRI LA SERA SIA IN HF, VHF E ANCHE NEI CANALI CB, NON TROVI PIU
NESSUNO CON CUI SCAMBIARE 4 QUACCHIERE QUANDO PIU O MENO 8 - 9 ANNI FA, LA
SERA ERA QUASI IMPOSSIBILE PARLARE (STO PARLANDO DELLA 11 METRI).
L'AVVENTO PRIMA DEI SI UTILISSIMI TELEFONINI A COSTO BASSISSIMO, E POI
DELL'UTILISSIMO INTERNET (MA NON PER CHATTARE) PER CHI LO UTILIZZA COME
STRUMENTO DI RICERCA E DI LAVORO, HA FATTO SI CHE ANCHE LA RADIO CADESSE NEL
DIMENTICATOIO DA PARTE DI QUELLA GENERAZIONE CHE DOVEVA SOSTITUIRE ANZI
RIGENERARE LA RADIO NEL 21 SECOLO.
MA A QUANTO PARE, I GIOVANI ED I GIOVANISSIMI ORAMAI VIVENDO IN BRANCO E
SEGUENDO LE ORME DEL CAPOBRANCO DI TURNO (ATTENZIONE A QUELLO CHE STO
DICENDO), DOVE LUI CON IL SUO LOOK, LE SUE MANIE, "PLAGIA" LA GIA MENTE DEBOLE
DI RAGAZZINI E RAGAZZINE, DETTANDO MODA NEL CAMPO DEL TELEFONINO DEI JEANS ECC
ECC.
GUAI A CHI NON HA IL TELEFONINO CON LA VIDEOCAMERA, GUAI SE NON HAI I JEANS
GRIFFATI SEI OUT, NON FAI PARTE DEL GRUPPO.
GUAI A METTERTI A PARLARE DI BARACCHINO O DI RICETRASMITTENTI ALL'INTERNO DEL
GRUPPO VERRESTI ISOLATO E PRESO PER IN GIRO PERCHE' ANCORA UTILIZZI IL MEZZO
RADIO PER COMUNICARE CON I TUOI "SIMILI".
MA LA COLPA NON LA DO A QUEI POVERI RAGAZZINI, MA LA MAGGIOR PARTE DELLA
COLPA LA DO AI GENITORI, SI I GENITORI COLPEVOLI DI VIZIARLI IN MODO
ESASPERATO, SE IL RAGAZZO APPENA 11ENNE CHIEDE IL TELEFONINO, IL PAPA O LA
MAMMA GLIELO COMPRANO, ANCHE PERCHE' IL DEFICIENTE DI RAGAZZO INVECE DI
RAGRANELLARE I SOLDI RISPARMIANDO, SI METTE A OSSESSIONARE I GENITORI, FINO A
QUANDO QUESTI NON POTENDOLO PIU SENTIRE GLIELO COMPRANO PER DISPERAZIONE.
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7 -
Da: "Umberto Molteni"
I DIECI PADRI DELLA SCIENZA ELETTRICA
Umberto Ferdinando Molteni i2ms
4 - Alessandro Volta (1745 - 1827)
Alessandro Volta nasce a Como il 18 febbraio 1745 da donna Maddalena dei Conti
Inzaghi e don Filippo Maria. Lo sviluppo intellettuale in lui è tardo: si
sospetta perfino che sia muto. Egli ha già quattro anni quando allorché,
obbligato a far qualcosa contro il suo desiderio esclama con voce chiara e
sonora "NO". Solo dopo i sette anni il difetto cessa completamente. Le sue
grandi capacità e la dedizione allo studio suscitano la meraviglia dei
familiari. Un regolare corso di studi, eccezione per le classi inferiori, non
lo seguì. Studia in casa da solo: è ordinato diligente autodidatta. In realtà
egli non ebbe che i libri, gli esperimenti e il suo genio come maestri: e
furono maestri incomparabili per lui, dotato come era di fortissimo ingegno e
incline alla meditazione. Egli risolveva in poche ore ciò che i suoi compagni
in qualche giorno.
Nel 1763, appena diciottenne e senza ancora avere fatto alcun esperimento,
scrive all'abate francese Jean-Antoine Nollet, convinto che molti dei fenomeni
elettrici si possono riferire alle leggi dell'attrazione newtoniana.
Volta pubblica, il 18 aprile 1769, all'età di 24 anni, la sua prima Memoria:
"De vi attractiva ignis electrici, ac phænomenis inde pendentibus" diretta al
Padre Giovanni Battista Beccaria di Mondovì (Scolopio), professore
all'Università di Torino.
Nel 1774 è Reggente alle Regie Scuole di Como. Suggerisce opportune riforme
nei metodi di insegnamento. Nelle sue "Idee sulla maniera d'insegnare" (1775)
Volta da copiosi suggerimenti per le scuole di Como: tra altro vi discute le
grammatiche; vi enumera e discute molti autori di letterature; vi raccomanda
prudenza nella scelta dei passi dall'Ariosto e anche dal Tasso consigliando di
non escludere però ".... qualunque cosa che parli d'amore: passione che i
giovanetti devono tosto o tardi avvicinare". Per le lingue dice ".... troppo
necessarie per le moderne scienze."
Volta esegue gli esperimenti di Aepinus e di altri fisici su l'elettricità
vindice. Col riflettervi a fondo arriva, nel 1775, all'invenzione
dell'Elettroforo perpetuo.
È la sua prima importante invenzione. L'elettroforo è una macchina
elettrostatica molto semplice, basato sul fenomeno dell'induzione. Il suo
pregio è di potere fornire elettricità in modo durevole e continuo, tanto da
venire chiamato "elettroforo perpetuo", poiché la resina può restare
elettrizzata assai a lungo, anche per mesi, dopo essere stata ben strofinata
una sola volta.
É costituito da un piatto di metallo conduttore la cui superficie è coperta da
una stiacciata di resina, sulla quale si appoggia un altro disco metallico,
detto scudo, dotato di un manico isolante che permette il suo sollevamento e
dal quale si può prelevare le cariche elettriche in esso accumulate.
Appoggiando nuovamente detto scudo sulla resina esso si ricarica e questo può
ripetersi infinite volte.
Il 3 novembre 1776, mentre pesca presso la riva del lago in un canneto dal
basso fondo melmoso, ad Angera sul Lago Maggiore, scopre l'Aria Infiammabile
Nativa delle Paludi, l'attuale gas Metano.
Egli aveva intuito e sospettava, che quest'aria infiammabile pullulante
attraverso acque pantanose, poteva essere prodotta da tutte le paludi e
presumeva che quest'aria infiammabile derivava da sostanze vegetali ed animali
in decomposizione. Il suo sospetto è realtà.
I chimici che conoscevano l'aria infiammabile delle miniere di carbone, di
zolfo e di salgemma (gas grisou) la ritenevano di origine minerale quando
invece è di origine organica come sostenuto dal Volta.
La parola metano deriva da Metile + Ano, dove metile = legno in greco e ano =
suffisso usato nella nomenclatura chimica per indicare gli idrocarburi saturi
(alcani) e alcuni composti eterociclici saturi.
Si può affermare che i primi fuochi sulla Terra ebbero la loro origine dai gas
infiammabili naturali, ed i primi abitanti della Terra li ritenevano come una
manifestazione soprannaturale, divina, tanto da ritenerli sacri. Il fuoco
entra così nel mito, nel culto, nella leggenda e nella storia.
Di questi fuochi naturali si parla, pur senza conoscerne la natura, dalle
epoche più remote, cioè da Mosé, vissuto 1200 anni a.C., fino al 1776 anno
della scoperta di Volta. Il 1776 pertanto rappresenta una data miliare molto
importante in quanto da Mosé a Volta trascorrono quasi 3000 anni, prima che
venga scoperta l'origine e la causa del fuoco naturale.
A seguito di questa sua importantissima scoperta, il suo senso pratico lo
porta ad inventare, nel 1777, la pistola elettrico-flogo-pneumatica.
É l'unico tra i fisici del tempo ad usare miscugli esplosivi. Costruisce,
oltre a pistole, moschetti e bombe ad aria infiammabile delle paludi, cioè
metano, a cui aggiunge aria infiammabile metallica, cioè idrogeno, mescolate
con opportune misure di aria comune e ossigeno.
Questa invenzione lo sprona ad avere l'idea originale di poter fare lo "sbaro"
(sic) di una pistola posta a Milano collegata con un filo conduttore di ferro,
teso fra Como ed il capoluogo, sospeso da terra per mezzo di pali isolanti (di
legno) chiudendo il circuito elettrico di ritorno a Como tramite il naviglio
terminante nel lago. Lo sparo veniva comandato facendo scaricare, a Como, una
bottiglia di Leida su tale filo conduttore. Questa sua idea veniva scritta in
una lettera indirizzata al professore Carlo Barletti dell'Università di Pavia.
Al Fisico Comasco si fa un torto, il gravissimo torto di credere questi
tentativi impossibili. Convinto di questa erronea convinzione, abbandona
quell'indirizzo sulla cui soglia ha già impressa un'orma profonda.
Cesare Cantù espresse questo giudizio : "Volta aveva veduto la telegrafia
elettrica 60 o 70 anni prima di coloro che ne sono proclamati inventori".
É il primo pensiero al mondo di poter trasmettere a distanza un messaggio
impiegando l'elettricità. Può ben dirsi che Volta è il precursore della
telegrafia elettrica, e con l'invenzione della pistola anche il precursore del
motore a scoppio. Sul Sacrato della Chiesa di Lazzate dove Volta circondato
dal popolo, e dai "cavree" (caprai) di colà, spiegando le sue invenzioni, uscì
anche a dire in dialetto : "vedarii che coll'andà del temp e coi me invenzion
se poderà parlà anche con Milan". ("Vedrete che col passare del tempo e con le
mie invenzioni si potrà parlare anche con Milano"). Presagiva anche il
telefono.
Nello stesso anno inventa la lampada a gas detta lampada perpetua o più
comunemente lampada di Volta, che trova subito particolare diffusione in
Germania; e ancora è il precursore dell'illuminazione a gas. Ben presto pensa
di avvalersi dell'elettroforo per ottenere la scintilla d'accensione
costruendo una elegante lampada dotata quindi di un accendi lume elettrico.
Nel 1795 l'Aria Infiammabile Nativa delle Paludi, come è chiamata da Volta, il
fisico Lazzaro Spallanzani la ribattezza in Gas Naturale.
Quando i giacimenti di questo gas naturale, incominciano ad essere sfruttati
ed utilizzati industrialmente viene chiamato Gas Metano.
L'era del metano ha inizio negli Stati Uniti nel 1821 con il primo pozzo
profondo otto metri nel piccolo villaggio di Fredonia, nello stato di New
York.
L'invenzione dell'eudiometro avviene anche nel 1777. Il primo eudiometro venne
realizzato dal chimico inglese Joseph Priestley ma vi aveva molte imperfezione
ed i chimici evitavano di usarlo. Nel 1805 il fisico francese
Jean-François-Dominique Arago dichiarava che l'eudiometro di Volta supera ogni
altro in esattezza ed è ingiuria dubitarne.
Nella sua forma più semplice l'Eudiometro consiste in un tubo cilindrico
graduato, la cui estremità superiore chiusa è attraversata da due fili
metallici isolati che terminano con punte contrapposte, fra le quali si fa
scoccare a tempo opportuno la scintilla elettrica, mentre l'estremità
inferiore allargata a foggia d'imbuto fa da base che si appoggia sul fondo di
una catinella contenente acqua. Riempito il tubo dell'Eudiometro con una
miscela opportunamente dosata di aria infiammabile e di aria comune (o di
ossigeno), se ne provoca l'esplosione facendo scoccare la scintilla fra le
punte metalliche. Si calcola la diminuzione del volume e si studia la natura
dei prodotti dell' esplosione stessa.
Nel 1778, Wenzel Kaunitz, Principe di Rietberg, fa sapere a Volta, che la
Reale Casa ed il Governo hanno deciso di assegnargli la Cattedra di Fisica
Sperimentale dell'Università di Pavia, dove egli insegnò dal 1778 al 1819 e fu
eletto dagli studenti, come era consuetudine in quei tempi, Magnifico Rettore
per l'anno accademico 1785.
Nel 1780, Volta inventa il Condensatore, il cui nome originale è dato da
Volta. Si deve attribuire a Volta questa invenzione, non tanto perché non
fossero in uso strumenti simili (bottiglia di Leida, quadro di Franklin),
quanto per l'originalità della sua proposta e per aver egli stesso
completamente spiegato la teoria. Egli enuncia la relazione tra la differenza
di potenziale V (o tensione come la chiamava Volta) ai capi del condensatore,
la carica Q e la capacità C del condensatore stesso. Q = C.V.
Nel 1794, la Royal Society di Londra gli conferisce la medaglia d'oro per la
sua Memoria "Del Condensatore, ossia del modo di rendere sensibile la più
debole elettricità sia naturale sia artificiale", letta a Londra nel 1782 e
diventa Membro di questa prestigiosa Royal Society.
L'illustre fisico, a quei tempi, non ha alcun strumento idoneo per effettuare
misure delle cariche elettriche salvo dei rudimentali e poco precisi
elettrometri a palline di sambuco. Dove egli stesso ingegnarsi a costruirne.
Alessandro Volta, con i suoi studi così ampi e complessi, getta la base dell'elettrometria,
della quale a ragione lo si deve considerare il fondatore. Intorno agli anni
'80 comincia ad interessarsi in modo sistematico di elettrometria, "cette
partie de la Science, qui ayant été trop négligée", dopo essersi dedicato
soprattutto ai suoi studi sulla meteorologia elettrica.
Dapprima comincia ad apportare varie modifiche agli elettrometri allora in
uso, in modo da aumentarne la sensibilità e renderli comparabili.
L'elettrometro è uno strumento elettrostatico, basato sulle forze di
repulsione che si manifestano tra corpi elettrizzati.
Gli elettrometri a paglie sono ideati da Volta, nel 1786 -1787, come modifica
di elettrometri simili, che al posto delle paglie avevano o palline
leggerissime di sambuco, o di sughero appese a finissimi fili d'argento, o
sottilissime foglioline d'oro. Le modifiche apportate da Volta avevano lo
scopo di rendere le misure di potenziale confrontabili e ripetibili nel tempo.
Altri strumenti che formano oggetto delle sue cure sono gli Elettroscopi di
Tiberio Cavallo.
Per la misura di piccole quantità di elettricità, Volta accoppia
all'Elettrometro a Paglie un condensatore e con ciò lo strumento acquista una
sensibilità cento volte maggiore, senza nulla perdere nei riguardi della
comparabilità delle indicazioni che può fornire. Inventa così l'elettroscopio
a condensatore, lo strumento che gli permetterà in seguito ad arrivare alla
sua pila.
Per ottenere misure comparabili di tensione elettrica, era però necessario
fissare un'unità di misura riproducibile senza ambiguità in modo tale da
rendere le misure eseguite da vari sperimentati sempre confrontabili tra di
loro. Volta risolve brillantemente anche questo problema, inventando la
bilancia elettrostatica.
Nel 1773, poi dal 1780 al 1790 si occupa di meteorologia elettrica.
Significativi sono le esperienze sull'elettricità atmosferica compiute con
l'elettrometro a paglie congiunto, con fili isolanti, alla punta di una canna
da passeggio od al lanternino posto all'estremità di una pertica che poi
sporgeva dalla finestra. Di notevole interesse sono poi gli studi riguardanti
la formazione della grandine nei temporali. Idea un curioso apparecchio per
dimostrare l'ipotesi della formazione della grandine.
Nei primi mesi del 1791, Alessandro Volta esamina la dilatazione dell'aria e
dei gas e nel 1793, enuncia e pubblica negli Annali di Chimica e Storia
Naturale di Luigi Valentino Brugnatelli, la Legge sulla dilatazione uniforme
dell'aria atmosferica e ne determina con precisione il coefficiente pari a
0,00354 prevenendo di ben nove anni il chimico e fisico francese Joseph-Louis
Gay-Lussac, che lo stabilì in 0,00375 e Dalton che lo calcolò in 0,00398. Oggi
si accetta il coefficiente 0,00366.
Nel 1795 enuncia le tre Leggi sulla tensione dei vapori prevenendo di ben sei
anni il chimico inglese John Dalton.
Alessandro Volta si occupa anche di astronomia, e di geologia. In quel tempo,
molti scienziati pensavano che le meteoriti e le stelle cadenti fossero dei
fenomeni elettrici. Volta studiando il moto e confrontando le caratteristiche
delle stelle cadenti con quelle dei fenomeni elettrici, ne rilevò delle
evidenti discordanze. Se davvero le stelle cadenti fossero state del fluido
elettrico modificato, il comportamento di tale fluido elettrico è così
differente dal solito fluido elettrico conosciuto, quindi non poteva essere
più vero fluido elettrico. Analizzando a fondo il modo in cui si manifestavano
le meteoriti, Volta si domanda il motivo per il quale, se effettivamente le
stelle cadenti fossero state un fenomeno elettrico, pur percorrendo lunghi
tratti di cielo non si andassero a scaricare in un qualsiasi conduttore
naturale, come gli alberi, i tetti delle case o nei parafulmini. Egli osserva
inoltre che le stelle cadenti si comportano in maniera davvero anomala
rispetto al fulmine.
Innamorato della natura, Volta, si interessa anche di geologia. Durante i suoi
viaggi in Svizzera, riferisce di avere riconosciute le origini del Ticino e
del Reuss nelle gocce che stillano da un muro di ghiaccio, riuniti indi in
fili serpeggianti fra il muschi e i rottami e per le fessure delle rocce.
Esegue degli scandagli che inducono Volta a ritenere di granito la massa tutta
interiore dei monti alpini.
Durante un'escursione sui monti lariani, vede nel letto di un torrente molti
massi di granito di varie maniere, di scisto micaceo, di serpentino e di
pietra cornea, dei quali massi, pensa, non è certamente formato il nocciolo di
questi monti e comincia a ragionare sul luogo donde, e sul come erano colà
venuti quei massi. Suppone che, un'inondazione venendo da Nord-Ovest ha qui
trascinato dal S. Gottardo e dalle grandi Alpi i massi granitosi di quei
monti, che scomponeansi , li ha depositi probabilmente su un piano, che poi
per la corrosione delle acque è divenuto pendio di un monte.
Durante il suo viaggio in Svizzera del 1777 Volta osserva con grande stupore
che il tubero della patata è un commestibile gustoso e ne porta alcuni
esemplari che fa coltivare con grande successo nelle nei suoi poderi di
Campora e di Lazzate. A lui dobbiamo anche l'introduzione e la diffusione in
Lombardia della coltivazione e dell'uso della patata.
A seguito della dotta e garbata disputa con Luigi Galvani, professore di
anatomia all'Università di Bologna, che credeva di avere scoperto, mediante i
noti esperimenti sulle rane, un nuovo tipo di elettricità chiamata galvaniana
e da lui denominata elettricità animale, disputa che divise il mondo
scientifico in due fazioni, l'una per il Volta, l'altra per il Galvani. Durò
quasi otto anni (1792 - 1799), portando il grande Comasco alla sua massima
invenzione, la Pila.
Inizialmente Volta concorda con Galvani ma poi dimostra, dopo lunghi ed
accurati studi, che le convulsioni della rana non sono generate da una
presunta elettricità animale, che tuttavia esiste, e Galvani può essere
ritenuto il padre della bioelettricità, ma dalla presenza di due metalli di
natura diversa tra loro. Nella lettera del 1794 scritta all'abate Antonmaria
Vassalli-Eandi afferma senza dubbi che la forza elettromotrice è provocata dal
contatto fra metalli e corpi umidi, e sostiene che gli organi degli animali
sono passivi e si comportano come elettrometri.
Volta giunge a questa straordinaria invenzione, dopo continue sperimentazioni,
spinto anche dal desiderio di dimostrare sempre più ampiamente e chiaramente
l'esistenza di un'unica elettricità, respingendo fermamente l'affermazione del
Galvani, secondo il quale esiste una elettricità propria degli animali.
Egli, dopo lunghi esperimenti e l'invenzione dell'elettrometro condensatore,
intuisce che, se predispone tanti contatti bimetallici, il fenomeno elettrico
da lui scoperto (effetto Volta) sarebbe cresciuto in modo proporzionale
all'aumento dei medesimi contatti bimetallici e tutto il potenziale elettrico
che viene generato da ogni singola coppia si sarebbe sommato e manifestato in
uno solo.
Egli predispone coppie di dischi di rame e zinco (aveva usato anche altri
metalli diversi, tra i quali l'argento ed il ferro) separati tra loro da un
mezzo di comunicazione in modo che il flusso elettrico potesse passare da una
coppia all'altra, imbevendo del panno, o del cartone, o del cuoio o altro
materiale assorbente con acqua acidulata o salata.
Queste coppie di dischetti di metalli diversi così tra di loro separate dal
liquido interposto, detto elettròlita, deve avere sempre la stessa sequenza,
esempio zinco-rame-elettòlita, zinco-rame-elettròlita, e così via, oppure
rame-zinco-elettròlita, rame-zinco-elettròlita a secondo di come si è
incominciata la pila.
Volta, non appena è sicuro della sua invenzione,
il 20 marzo 1800 scrive una lettera, in francese, al Presidente della Royal
Society di Londra, Sir Joseph Banks, illustrando in modo molto dettagliato il
suo "apparato scuotente" ovvero la pila, così denominata per la sua forma
caratteristica, oltre ai vari esperimenti che aveva fatto e le azioni che
suscitava sui cinque sensi dell'uomo.
L'animazione visibile qui sopra dimostra come con due
piastrine di metallo (rame e
zinco) immerse in una soluzione di acqua e acido solforico, sia possibile
ottenere
una corrente elettrica. L'acido reagisce con lo zinco e cede elettroni. Lo
zinco
diventa quindi negativo e respinge gli altri elettroni. L'azione dell'acido
sullo zinco
si arresta. La soluzione ha, nel frattempo, assorbito elettroni dalla
piastrina di rame
che quindi è diventata positiva. Abbiamo adesso un polo positivo (rame) e un
polo
negativo (zinco) e gli elettroni liberi possono scorrere in un circuito
esterno
partendo dallo zinco per arrivare al rame e così di seguito.
La prima pila di Volta era costituita proprio da una pila di coppie di
dischetti di
rame e zinco separate da dischetti di feltro imbevuti di acqua salata. La
corrente
percorre il filo che unisce il disco superiore di zinco con quello inferiore
di rame.
Già con la prima pila la corrente elettrica aveva una durata di alcune ore,
tempo
lunghissimo se confrontato con la scarica dell'elettricità statica che durava
solo una
frazione di secondo.
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L'illustre fisico comasco, basava la spiegazione del funzionamento della pila
sulla tensione generata dal contatto tra due diversi metalli (effetto Volta)
tensione che diventa sempre più grande a mano a mano che nuove coppie
bimetalliche, in generale rame e zinco, vengono sovrapposte l'una all'altra
interponendo un conduttore umido (elettròlita); pur egli osservando alcuni
effetti chimici, restò sempre legato a una spiegazione elettrico-metallica in
contrasto con la spiegazione chimica.
Con l'invenzione della Pila, Alessandro Volta ha scoperto la corrente
elettrica a flusso continuo, ovvero, la corrente elettrica dinamica.
La prima ed immediata applicazione pratica della pila fu fatta dal chimico e
fisico inglese William Nicholson il quale con Antony Carlisle, già nel maggio
1800, avevano scoperto l'elettròlisi dell'acqua, constatando la formazione di
bollicine di idrogeno e ossigeno in corrispondenza degli elettrodi di una pila
di Volta al passaggio della corrente in una bacinella contenente acqua
acidulata.
Con la pila nasceva l'elettrochimica. Humphry Davy, chimico e fisico inglese,
considerato uno dei fondatori. Nel 1807, scompone gli alcali, ottenendo così
due nuovi metalli, il Sodio ed il Potassio, per elettrolisi dei rispettivi
idrossidi allo stato fuso.
Questa rivoluzionaria invenzione, uno dei più brillanti doni della mente
umana, è stata immediatamente riconosciuta di immensa importanza. Albert
Einstein, durante una sua visita al Tempio Voltiano nel 1933, così la definì:
La Pila costituisce << . .die Grundlage aller modernen Erfindungen: >> cioè <
il fondamento di tutte le moderne scoperte >.
Nel 1801, Volta è invitato da Napoleone Bonaparte a Parigi alla celebre
Accademia delle Scienze, per illustrare ed eseguire esperimenti con la sua
pila davanti a numerosi illustri scienziati. Napoleone vuole toccare gli
strumenti di Volta e resta stupito nell'osservare le scomposizioni chimiche.
L'impressione che Bonaparte ne riceve è tale, che colma d'elogi il celebre
Fisico, indi egli stesso improvvisa un discorso sulle diverse forme della
pila. Egli, membro dell'Accademia, è primo a proporre si coniasse una medaglia
d'oro per Volta e la proposta fu accettata a pieni voti.
Fu membro onorario di quasi tutte le Accademie europee ed ebbe numerose
onorificenze.
La vita terrena del grande comasco si concludeva serenamente nella sua casa di
Como, alle tre del mattino del 5 marzo 1827, ed è sepolto nel piccolo campo
santo di Camnago Volta, a circa tre chilometri dalla città.
Per chi volesse più informazioni su Alessandro Volta, e strumenti scientifici,
visitate i seguenti siti Web:
www.corrierecomo.it - Il percorso è:
Città virtuale - Cultura tradizionale comasca - Itinerari voltiani. Ricorrenze
voltiane. Volta's life and works. Sono parte del mio libro scritto nel 1999 in
omaggio a Volta.
Umberto Ferdinando Molteni i2ms
Segue, 5 - André-Marie Ampère
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8 -
Parola di DXer
Sono un assiduo lettore del Radiogiornale e lo reputo uno straordinario
strumento di informazione.
Le modalità di distribuzione lo rendono slegato da tutte quelle pastoie che a
volte vengono usate ad arte da chi si occupa di comunicazione e/o divulgazione
per rispondere in maniera reticente o, peggio, per non rispondere affatto.
Il fatto che lo apprezzi, e che apprezzi anche il suo Editore che mi tenne a
battesimo in radio oltre trenta anni fa, non mi esime però dal far rilevare
che lo spazio comunicativo offerto a tutti si presta a volte a polemiche
strumentali. E' il prezzo della libertà e forse non c'è possibilità di fare
altrimenti.
E' stato il caso della polemica sollevata a seguito della pubblicazione su RR
di Luglio/Agosto di uno degli usuali pistolotti moralistici alla "occhio che
vi vedo" a firma di "Don DX".
Si discute il metodo e il merito con l'obiettivo finale di criticare l'ARI
tout court. Un po' come prendere a calci il cane per far dispetto al padrone.
La definizione che do dei pezzi di Don DX (pistolotti moralistici) può
sembrare in contraddizione con quello che dirò poi, ma ritengo che ci siano
talmente tanti motivi "seri" per criticare l'ARI che attaccarsi agli articoli
di colore dell'anonimo prevosto mi sembra strumentale assai.
Intendiamoci. I2MOV ha diritto di sentirsi offeso per affermazioni che lui
ritiene calunniose, ma gli organi ufficiali delle associazioni, e RR è proprio
questo, non rappresentano un terreno franco dalla possibilità di rivalersi in
sede legale qualora si veda leso il proprio buon nome e la propria
onorabilità, anche se chi lo fa si nasconde dietro uno pseudonimo. Il
Direttore si definisce Responsabile proprio perché risponde dei contenuti.
Ritengo però che il problema sia un altro e che in questa ottica sia opportuno
guardare ai "pistolotti moralistici" con maggiore benevolenza e meno finta
indignazione.
Essi fotografano una situazione di fatto.
L'attività DX alla quale ho dedicato trent'anni della mia vita e che ho
sospeso senza motivo apparente dalla sera alla mattina un paio di anni fa è,
tra tutte le attività radiantistiche, quella a più basso valore aggiunto. Si
ha un bel dire e un bel parlare di tecniche operative o di studi sulla
propagazione. Sono aspetti di contorno che salvano forse qualche contenuto
marginale. Niente di più. Negli ultimi dieci anni della mia attività mi sono
divertito molto di più nel contribuire a creare e tenere in piedi la rete
PacketCluster che a correre dietro ai campanelli del computer e ai 59 x 59.
Senza andare a scomodare il fantasma di Don Miller, è da ormai trent'anni che
ogni anno (o anche meno) si ripropone lo scandaletto vero o presunto legato
all'illustre OM, all'illustre spedizione, all'illustre Contest Team,
all'illustre QSL Manager, all'illustre Award manager o ai vizi veri e/o
presunti dei DXer italiani.
Se togliete l'aggettivo illustre, credo di aver ricoperto tutti i ruoli sopra
elencati e parlo di queste cose perché le conosco per frequentazione: nel bene
e nel male.
E allora la vera domanda è: "E' lecito e opportuno che sull'organo ufficiale
di una Associazione si segnalino in maniera più o meno ironica ipotetici
inganni e comportamenti contrari all'etica radiantistica.?
Anche se li ritengo "pistolotti moralistici" la mia risposta è si.
Può rincrescere magari che ci vada di mezzo un OM in completa buona fede, è
capitato anche a me di buttare dentro al log in un momento di difficoltà il
nominativo mio o quello di mio padre ma nessuno ci ha fatto magari caso solo
perché i log non erano pubblicati in rete, ma mi sento affermare che una
giustificazione plausibile come questa e a volte cento volte più accettabile
e credibile di una porta sbattuta in faccia o di una dichiarazione shock ad
un' Assemblea. E vorrei glissare anche sull' inopportunità, sollevata da
alcuni, di criticare "gli italiani" perché questa modalità omertosa dovrebbe
appartenere a diversi gruppi, mondi o contesti.
Il gioco del DX non si può e non si deve basare solo e soltanto su quella che
per Re Faruk di Egitto, accanito giocatore di poker, era la famosa "parola di
Re": dichiarazione soggettiva e inoppugnabile.
Accettarne "in toto" le regole etiche e anche magari le spiacevoli conseguenze
(su comportamenti comunque spiegabili e che, ribadisco, hanno senso) può
tenere lontani tanti nuovi e vecchi OM dalla tentazione di reputare premiante
non già l'atteggiamento di chi segue le regole ma viceversa quello di chi è
tanto furbo da infrangerle e non farsi scoprire.
73 e DX
Luciano, I0JBL
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9 -
Da: "Ruggero BILLERI
Per
combatterli, imparate a conoscerli
I VIRUS DEL COMPUTER
di Ruggero Billeri
(terza parte)
Bibliografia da internet e da Jackson libri
STORIA DEI VIRUS
Terza parte
La storia dei virus presenta alcuni aspetti affascinanti.
Innanzitutto e' sorprendente notare cio' che ha provocato la nascita dei virus
sia stata la preoccupazione degli addetti alla sicurezza dei dati affinche' i
computer non potessero essere aggrediti da programmi dal comportamento virale.
Da una simile considerazione, i filosofi potrebbero imbastire fior di
trattazioni escatologiche, trattazioni che siamo invece ben lieti di non
affrontare, limitandoci a rilevare la bizzarria dell'accaduto.
La sorpresa lascia il posto allo sgomento nell'osservare la crescita e il
perfezionarsi delle tecniche utilizzate dai virus per mettere in atto la
propria strategia: C'e' da rimanere terrorizzati pensando che al mondo esiste
gente che utilizza il proprio cervello (in alcuni casi fior di cervello) per
provocare deliberatamente danno agli altri.
CENNI GENERALI
La prima volta che sentimmo parlare di virus del computer fu durante una breve
vacanza in montagna, proabilmente nel 1987 o nel 1988. Alcuni quotidiani
riportarono quel giorno la notizia che erano stati individuati alcuni
programmi in grado di replicare se stessi e qundi di diffondersi in un sistema
informatico. A tali programmi veniva dato il nome di virus.
La cosa attrasse subito l'interesse, poiche' indubbiamente poteva aprire
questioni su che cosa dovesse considerarsi vivo e che cosa no.
Ma assai piu' interessante, allmeno da un'altro punto di vista, fu cio' che
successe durante una trasmissione radiofonicache ando' in onda la mattina
stessa. Si trattava della classica trasmissione dallo studio, dove un
conduttore e uno o piu' ospiti chiaccheravano tra loro e rispondevano alle
telefonate degli ascoltatori. Una signora telefono' proprio a proposito
dell'articolo sui virus del computer, che nessuno in studio aveva
evidentemente ancora letto, e chiedeva se fosse vero che ci si poteva ammalare
a causa dei virus del PC.
E' interessante notare che da subito si fece un'enorme confusione sulla natura
dei virus informatici: L'ascoltatrice evidentemente non esperta di computer,
aveva subito equivocato e altrettanto fecero dallo studio, bollando come
"impossibile" il fatto che nei PC potessero annidarsi dei virus. Solo
successivamete, essendosi procurati una copia dei giornali, inquadrarono il
prblema nel modo appropiato e giudicando "possibile" l'esistenza di virus
informatici.
In sostanza (e seppure con qualche titubanza), in Italia si prese comunque sul
serio l'esistenza dei virus; non fu cosi' dappertutto: Per un po' di tempo
circolo' la voce che l'esistenza dei virus informatici fosse solo una frottola
e persino l'autorevole Peter Norton (autore delle Norton Utilities e di
svariati testi di argomento informatico , nonche' di un diffuso pacchetto
antivirus) bollo' la questione come "leggenda urbana", al pari di quella degli
alligatori nelle fogne di New York.
IL PRIMO VIRUS
Il 3 novembre 1983 e' il giorno in cui fu ufficialmnte concepito il primo
virus informatico: Venne ideato da Fred Cohen che ne presento' il concetto a
un seminario che si teneva settimanalmente presso l'Universita' della
California Meridionale, a Los Angeles.
Fred Cohen non era ancora laureatoe seguiva quindi i corsi di sicurezza
informatica in quallita' di studente; il 3 novembre propose il concetto di
virus informatico e chiese alle autorita' del dipartimento il permesso di
effettuare una vera e propria dimostrazione sperimentale con apparecchiature
dell'Universiota'. Il permesso fu accordato nel giro di una settimana, quindi
il 10 novembre Fred Cohen pote' effettuare la dimostazione vera e propria al
seminario per la sicurezza. Per la cronaca, il termine virus venne proposto
dal dottor Len Adleman allora docente di Cohen e (cosi' si dice) un vero
connubio tra informatica e biologia.
La dimostazione consiste' in una serie di cinque attacchi virali, misurando la
capacita' di propagazione dell'infezione e la velocita' con cui avveniva. I
risultati furono sorprendenti: Benche' fosse praticamente nota fin dall'inizio
la capacita' di questi nuovi programmi virali di autoreplicarsi, la velocita'
con cui i virus riuscirono ad impadronirsi dell'intero sistema fu scioccante.
Il tempo medio di contagio fu di trenta minuti, con punte minime di cinque
minuti; nel giro di un'ora il virus aveva preso il controllo d tutti i diritti
di accesso del sistema.
Ovviamnte furono prese tutte le precauzioni affinche' il virus non
fuoriuscisse dal perimetro di sicurezza e tutti i computer furono sterilizzati
dopo l'esperimento. Tuttavia l'esperimento di Cohen provoco' alcune
conseguenze.
La prima molto piacevole per Fred Cohen, fu che la laurea si fece molto piu'
vicina (in effetti Cohen consegui' il dottorato di ricerca); la seconda fu che
si manifesto' una reazione che, sebbene comprensibilissima dal punto di vista
emotivo e umano, che non ci si aspetterebbe da persone razionali e
scientifiche.
La dimostrazione di Cohen risulto' persino troppo convincente, spaventando a
morte (si direbbe) i responsabili della sicurezza e dello sviluppo, che si
sentirono probabilmente impreparati ad affrontare una minaccia del genere.
Come spesso accade quando ci si trova di fronte a qualcosa che si ritiene
troppo grande per essere affrontato, gli amministratori decisero che mai piu'
alcun esperimento del genere sarebbe stato permesso e che i virus non
sarebbero piu' stati oggetto di ricerca. Si cerco' quindi di eliminare il
problema semplicemente negandolo e non cercando invece strumenti appropiati
per fronteggiarlo.
Lo stesso atteggiamento fu tenuto da altri amministratori di sistemi diversi,
che furono evidentemente spaventati dal pericolo dei virus e per i quali il
timore dell'infezione fu piu' grande del senso di responsabilita' per imparare
a fronteggiarla.
Il primo passo comunque era fatto sebbene relegato in ambito accademico, il
virus informaticoo si era affacciato al mondo e aveva iniziato a sollecitare
l'interesse dei ricercatori, esperti di computer e appassionati. Questi
personaggi iniziarono a riprodurre i virus sui propri sistemi , fino a che, a
un certo punto, i virus uscirono dagli ambienti controllati si propagarono
liberamente.
Perche' questo avvenisse e' stato necessario attendere che i personal computer
fossero sufficientemente diffusi e che il mercato avesse selezionato i sistemi
operativi utilizzati.
CRONOLOGIA ESSENZIALE
La storia dei virus, cosi' come la conosciamo oggi inizia nel 1986 (alcune
fonti parlano invece del 1985), quando qualcuno trae alcune conclusioni
originate da un dato di fatto scontato: Il settore di avvio di ogni dischetto
di sistema contiene una parte di codice che viene eseguita automaticamente
ogni volta che si avvia il computer da dischetto. La conclusione che venne
tratta fu che si sarebbe potuto sostituire il codice originale, presente su
ogni dischetto di sistema, con un'altro programma. Questo programma doveva
essere in grado di rimanere residente in memoria e di creare una copia di se
stesso su qualsiasi dischetto a cui si accedesse.
Il principio del virus informatico c'era gia' tutto, anche se il virus in
questione non era molto cattivo ed era in grado
di infettare solo dischetti da 360 KB. In realta questo virus non era altro
che una trovata goliardica o una sbruffonata, in quanto si limitava a
modificare l'etichetta del dischetto in c Brain e a inserire un messaggio nel
settore d'avvio. Il virus fu ovviamnte chiamato Brain.
Sempre nel 1986 venne creato da Ralf Burger il virus Virden, con lo scopo di
mostrare la fallibilita' di un virus che riesce a propagarsi infettando altri
file e non il settore di avvio dei dischetti.
Questo periodo era ancora caratterizzato dall'attivita' di ricerca: I virus
erano oggetto di indagine e sperimentazione e non venivano considerati minacce
reali. Qualcuno pero' era gia' all'opera, a Vienna: Un virus (chiamato
Charllie o Vienna secondo che si consideri il nome del programma che
originariamente lo trasportava o il luogo dove fu isolato) era in grado di
provocare un riavvio del computer. Vienna e' ritenuto il primo virus a essere
disassemblato: Venne studiato e pubblicato (senza le parti piu' pericolose) in
un libro scritto da Ralf Burger.
PRIMI ATTACCHI
Nel 1987 si assiste' alla prima germinazione, invero ancora sommessa, dei
virus informatici. Con il senno di poi, si puo' cosiderare questo periodo come
il tempo impiegato dalla nuova tecnologia per mettere alla prova
il mercato e decidere quale direzione intraprendere; vi sono i prim esempi di
virus del settore d'avvio, di virus dei file (suddivisi in virus che
infettano i file .EXE e virus che infettano i file .COM ) di virus TSR, di
virus che si tirano la zappa sui piedi infettando irrimediabilmente il file
COMMAND.COM (e rendendo quindi impossibile l'avvio del PC) eccetera.
NOTA: A proposito del virus TSR, merita la citazione il virus Suriv, che
creato da uno esperimentatore in Israele, diede origine a numerosa
discendenza e fece purtroppo il giro del mondo alla quarta generazione, con il
nome di Jerusalem. Tanto per dimostrare quanto i ricercatori siano
giocherelloni, ognuno si sara' reso conto che Suriv non e' altro che virus
letto al contrario.
Appartengono a questo periodo tra il 1987 e il 1988 alcuni virus che sono
entrati a far parte della storia dei personal computer : Oltre al gia' citato
Jerusalem vennero alla luce il famigerato Stoned, l'italiano PING PONG, il
pittoresco Cascade e il primo virus polimorfico:
1260 (chiamato anche Chameleon).
JERUSALEM
Jerusalem presenta un paio di particolarita'. La prima, che potrebbe essere
definita come una sorta di innovazione tecnologica, prevede che, al posto di
infettare i file delle applicazioni che venivano eseguite, il virus li
elimina, svuotando progressivamente il disco rigido. La seconda
particolarita' riguarda il meccanismo di attivazione: Il virus diventa attivo
solo se la data di sistema segnala che e' venerdi 13. Questo fatto, benche'
restringa di molto lo spazio temporale durante il quale il virus puo'
provocare danni, ha contribuito enormemente alla sua diffusione, poiche' per
lungo tempo gli utenti non possono sapere di essere infetti e quindi propagano
l'infezione.Esistono altri virus che vengono chiamati Friday 13th, ma non
hanno nulla a che fare con Jerusalem che, da parte sua, ha dato origine a una
discendenza infinita d variazioni di virus, con effetti piu' o meno simili.
STONED
Dotato di una eccezionale capacita' di riprodursi, Stoned e' quasi certamente
il virus piu' diffuso al mondo: Probabilmente (in una delle sue varianti)
sara' sempre presente in qualche angolo della Terra, poiche' e' stato
realizzato in modo eccellente (seppur senza particolari trucchi). Venne
realizzato da uno studente neozelandese
che decise di affidare al virus la diffusione di un messaggio per la
legalizzazione della Marijuana.
NOTA di colore: Stoned con il suo messaggio a favore della Marijuana, riusci a
compiere anche una piccola beffa, infettando i computer di una comunita' per
il recupero di tossicodipendenti, con sede a Milano
PING PONG
La pallina che rimbalza sullo schermo e' stata per qualche tempo il tormentone
dei computer italiani. Creato in Italia, questo virus aveva limiti strutturali
molto pesanti (almeno nella prima versione) poiche' non era in grado di
infettare i computer 286 e superiori.
CASCADE
Dalla Germania, questo virus si presento'con potenza teutonica, ammantata da
una maschera di creativita' insospettabile per un tedesco: Mentre l'effetto
del virus era davvero spettacolare (le lettere visualizzate precipitavano una
dpo l'altra sul fondo dello schermo), il corpo del virus nascondeva un'idea
innovativa che appunto faceva di Cascade uno tra i piu' potenti virus in
circolazione. In sostanza, Cascade fu il primo virus cifrato: solo una minima
parte del virus (la routine che serviva a decifrare il resto) non era cifrata,
cosicche' era ben difficile individuare la presenza del virus a causa dei
pochi byte a disposizione.
La cifratura del virus rese piu' difficoltoso anche il ripristino dei file
infetti perche' non era semplice determinare quali byte appartenessero al
virus e quali no
1260
Il meccanismo di cifratura fu ripreso dall'autore di 1260, per realizzare il
primo virus che utilizzasse la crittografia allo scopo di nascondere la
propria presenza. Sebbene dotato di un meccanismo di difesa sicuramente
all'avanguardia (rispetto ai tempi), 1260 non fu ben programmato: Progettato
per infettare tutti i computer con BIOS non IBM, non riusciva a distinguere un
vero IBM da un compatibile e finiva quindi per infettare tutti; anche una
versione successiva, realizzata per correggere l'errore non funziono' a
dovere.
LE PRIME CONTROMOSSE
Gli attacchi portati da questi virus non potevano certo passare inosservati
oltre a coloro che vennero danneggiati dalle infezioni, altri iniziarono ad
interessarsi dei virus: Gli organi d'informazine (oscillando spesso tra iil
fenomeno di costume, l'apocalsse e l'equilibrata informazione tecnica)
dedicarono spazio a questo fenomeno, ma ancora piu' rilevante fu il fatto che
alcuni tecnici informatici si inventarono una nuova attivita: La
specialzzazione in disinfezioni dei sistemi computerizzati.
Si iniziarono infatti a verificare infezioni su vasta scala e, particolare che
aumento' indubbiamente il clamore, alcune societa' molto in vista furono
colpite da virus informatici. Tra queste societa', anche la IBM, societa'
finanziarie e universita'
All'inizio, ogni infezione veniva trattata singolarmente: Contro ogni singolo
virus veniva approntata una specifica strategia e i relativi strumenti
software per individuarlo sia per rimuoverlo. Questo sistema poteva ovviamente
funzionare all'inizio (quando il numero dei virus era ancora molto piccolo),
non certo con il rapido aumentare dei virus in circolazione.
La diffusione di un vero e proprio pacchetto antivirus avvenne in modo un po'
contorto e rocambolesco. Un certo Fred Vogel comunico', nel mazo del 1989, ad
Alan Solomon (creatore del diffuso antivirus Dr.Solomon) di aver trovato un
virus sul proprio disco rigido e gliene invio' una copia. Il virus fu quindi
analizzato e vnne pubblicato un'articolo in cui si descrivevano sia il virus
stesso e i suoi effetti; purtroppo gli effetti del virus erano molto
pericolosi (formattazione totale del disco) e carichi di pathos: Sebbene non
fosse del tutto vero, si diffuse la convinzione che il virus si sarebbe
attivato il 12 ottobre, creando cosi' un clima da fine del mondo. Mentre i
mass
media montavano il caso, chi aveva un computer era sempre piu' allarmato; la
polizia affido' a un programmatore la realizzazione di un software di
rilevameno del virus, che venne messo in vedita a un prezzo poco superiore
alle vecchie mille lire: Fu un successo senza precedenti, che provoco' code di
persone alle stazioni di polizia.
La domanda che in genere ci si fa in queste situazioni e'
"Che fa il capo?"; ebbene in quel frangente tutti si chiesero che cosa
facesse il capo riconosciuto di allora, cioe' IBM. IBM disponeva di un vero e
proprio pacchetto antivirus sviluppato in proprio, destinato pero'
esclusivamente all'uso interno. Il buonsenso suggeri a IBM di diffondere il
pacchetto ai propri clienti , in modo da evitare che i loro computer subissero
danni e che diventassero essi stessi veicoli d'infezione. Per colmo d'ironia,
il virus che tutti cercavano sembro'sparito dalla faccia della Terra (solo in
Olanda venne rivelato qualche caso isolato), ma i clienti IBM scopriiranno in
questo modo che altri virus avevano infettato i loro PC
Il gigantesco polverone si risolse in un (quasi) nulla di fatto, ma porto due
conseguenze; tutto il mondo venne informato dell'esistenza dei virus
informatici e i pacchetti antivirus incominciano a essere richiestissimi.
INIZIO DEL TERRORE
Un'altro caso che fece parlare il mondo intero fu quello del Cavallo di Troia
chiamato AIDS, di cui si parlera poco piu' avanti, pur non essendo esattamente
un virus, AIDS
contribui' a far si' che gli organi di informazione prestassero attenzione al
problema delle infezioni virali informatiche.
D'altro canto, v'era ben ragione di essere allarmati: Con il 1989 crescono i
problemi per la corretta rilevazione di virus (le operazioni di cifratura sono
sempre piu' sofisticate) e si diffondono nuovi e temibili virus, tra i quali
V2P6,Whale e Dark Avenger.
OFFENSIVA BULGARA
Dark Avenger segno' l'inizio dell'offensiva bulgara sull'offensiva dei virus.
Dal punto di vista tecnico, questo virus apporto' due novita': Un'innovativa
tecnica di infezione (che permette velocita' di contagio mai raggiunte prima,
grazie al fatto che basta solamente accedere a un file per contagiarlo e la
tecnica del danno impercettibile.
La tecnica del danno impercettibile consiste nel sovrascrivere un settore del
disco in modo causale: E' molto probabile che, se proprio non si va a cercare
i dati contenuti in quel settore tale operazione non venga assolutamente
rilevata dall'utente, che quindi non si accorge di nulla. Essendo all'oscuro,
l'utente (mentre l'nfezione si espande) effettuua copie di backup dei propri
dati, in modo da poterli ripristinare se quelli memorizzati su disco rigido
dovessero rovinarsi; tuttavia, le copie di backup sono gia' danneggiate e
infette. Quando l'utente si accorge del virus, le copie di backup, preparate
anche in vista di una simile evenienza, non gli serviranno a nulla.
Dark Avenger e' sottilmente crudele.
Come accennato nella prima parte non e' ancora certo se Dark Avenger sia una
singola persona o un gruppo di persone. Quello che e' certo e' che la sua
attivita' ha prcurato e continua a procurare non pochi grattacapi ai pssessori
di personal computer, non solo per i virus che direttamete mette in
circolazione, ma anche soprattutto per la cultura e gli strumenti da untore
che dffonde. Dark
Avenger infatti distribui' non solo i virus da lui creati, ma anche il loro
codice sorgente, in modo che chiunque potesse modificarlo a piacimento per
creare nuove versioni del virus. Inoltre Dark Avenger distribui' strumenti
sempre piu' sofisticati per la creazione di nuovi virus, come descritto piu'
avanti.
Da questo punto di vista, la Bulgaria rapresento' l'Eldorado per tutti coloro
che intendevano trafficare con i virus. Nel 1989 venne creata VX BBS, una BBS
che divenne famosa perche' praticava lo scambio dei virus. In pratica, il
meccanismo era questo: Chiunque depositasse un nuovo virus nella BBS (in modo
da ampliarne la raccolta) era autorizzato a prelevare una copia di un virus
tra quelli gia' presenti nella BBS. Con quanto messo a disposizione da Dark
Avenger e da VX BBS, la creazione di nuovi virus divento' un'attivita' molto
semplice, che oltretutto si autoalimentava: Bastava modiificare un vecchio
virus per avere il diritto di prelevarne altri, che potevano essere modificati
per ottenere il diritto a nuovi prelievi e cosi' via.
I BUONI SI ORGANIZZANO
Di fronte a un attacco cosi' massiccio, la difesa inizio' a oganizzarsi, anche
perche' si profilava un buon affare per chi fosse stato in grado di proteggere
gli utenti dai virus informatici.
In questo periodo anche le grandi case produttrici di software, seguendo
l'esempio di McAfee (che ha fatto dell'omonima azienda statunitense la piu'
grande casa produttrice di software antivirus), producono pacchetti per la
rivelazione e la rimozione del virus e creano laboratori appositi per lo
studio dei noovi virus.
NOTA: Lo stiudio dei nuovi virus inizia a essere un grave problema, non tanto
dal punto di vista tecnico, quanto dal punto di vista logisticoi: Il numero di
nuovi virus cresce vertiginosamente e sono necessarie strutture sempre piu
organizzate per farvi fronte.
Parallelamente sorgono anche associazioni e grupi di discussione su questo
fenomeno. Le associazioni non sono sempre sinonimo di imparzialita', poiche'
spesso sono legate a doppio filo con uno o piu' produttori di antivirus, ma
per lo meno ( prese nel loro complesso) costituiscono un punto di riferimento
importante per chi vuole approfondire l'argomento.
Tra le conseguenze positive derivanti dalla formazione di associazioni,
occorre notare il tentativo di risolvere il problema dell'assegnazione dei
nomi ai virus. Ogni virus che viene individuato viene anche battezzato da chi
lo scopre: Se lo stesso virus (o piccole varianti del medesimo virus) viene
individuato contemporaneamente da due persone diverse, magari agli antipodi,
e' molto probabile che venga battezzato due volte, con due nomi diversi, Per
ovviare a questo problema, le associazioni che raccolgono case produttrici di
antivirus o gente interessata al problema hanno predisposto alcuni sistemi di
denominazione dei virus ed elenchi generali di virus conosciuti. Questo ha
indubbiamente ridotto il problema della denominazione dei virus, ma non lo ha
eliminato del tutto, poiche' non esiste un'unica associazione ne' un'unico
criterio per uniformare i battesimi. In genere, gli elenchi dei virus curati
dalle maggiori associazioni riportano, accanto al nome ufficiale, atri nomi
(spesso definiti alias) con cui il virus e' conosciuto.
STAGIONE DEI VIRUS POLIMORFICI.
Con il 1991 i virus polimorfici diventano indubbiamente il piu' grande
pericolo per i personal computer di tutto il mondo. I creatori di virus
affinarono sempre piu' le tecniche di mimetizzazione e di infezione. La grande
espansione dei virus polimorfici (non sempre per qualita', ma sicuamente per
quantita') pote' proseguire grazie anche al fatto che, all'inizio del 1992, il
solito Dark Avenger, distribui' il Self Mutating Engine (MtE) che permetteva
la creazione di un virus polimorfico (cioe' capace di assumere sempre aspetti
diversi) partendo da un virus d tipo normale.
Il meccanismo e' semplice e geniale: l'MtE e' distribuito come file OBJ e puo'
essere facilmente inserito nel codice compilato di un virus non polimorfico.
Una volta prodotto l'eseguibile, l'MtE provvede a svolgere la sua opera (cioe'
cifrare il codice del virus in maniera sempre diversa) senza senza che
l'autore del virus abbia dovuto affrontare chissa' qali fatiche di
programmazione.
In realta', l'MtE non fu molto utilizzato a cusa di un suo inevitabile punto
debole: La routine stessa di decifrazione non poteva essere anch'essa cifrata,
qunidi era esposta al rischio di essere intercettata dagli antivirus. Poiche'
la routine di decifrazione era sempe la stessa, non importava quale virus la
contenesse: Se venvia rivelata , era certo che il sistema era infetto. Cio'
scoraggio' molto l'uso dell'MtE, anche se potenzialmente rimaneva
pericolosissimo: Un conto e' sapere che c'e' un virus nel sistema, un'altro
conto e' sapere con pecisione che danni ha fatto e come e' possibile
rimuoverlo.
Ad ogni modo, l'MtE servi a far circolare la cultura del virus polimorfico.
Dark Avenger non si fermo' comunque a questo: Con Commander Bomber sfrutto' a
proprio vantaggio una scorciatoia utilizzata dagli antivirus per velocizzare
le scansioni dei dischi. Per essere piu' veloci, alcuni antivirus cercavano i
virus solo nella posizione (all'nterno dei file) deptuata ad ospitarli
NOTA: In genere, le posizioni classiche dove si annidavano i virus erano l'nizio
e la fine dei file. Alcuni virus si annidavano in altre posizioni e in questi
casi, gli antivirus li cercavano solo la'.
Questa esigenza di velocita', che a posteriori puo' essere scambiata per
innocenza e stupidita', non fu dettata solo dal bisogno commerciale di mporsi
sui prodotti concorrenti ma anche dal fatto che le segnature per la ricerca
dei virus erano omai moltissime e impegnavano percio' molta memoria, con tempi
di ricerca molto lunghi. Fato sta che Commander Bomber era in grado di
annidarsi in qalsiasi parte dei file che infettava, eludendo quindi gli
antvirus poco accurati e costringendo gli altri a scandire ogni singolo byte
dei file.
Altri fatti significativi di questo periodo furono il rilascio
dei pimi prodotti software per la creazione assistita dei virus e la
diffusione (via BBS ma anche tramite pubblicita' su riviste) dell'abitudine di
vendere o scambiare le raccolte private di virus.
La comparsa sul mercato di pacchetti autore per la creazione di virus
(strumenti utilizzabili anche a chi non sapeva nulla, dal punto di vista
concettuale, di che cosa fosse un virus) ebbe effetti dirompenti: Nel giro di
qualche mese si assiste' a una massiccia proliferazione dei nuovi virus,
mentre gli "scambi tra collezionisti" diventarono una moda (poi in qualche
modo sommersa grazie anche all'intervento giudiziario.
Questo periodo fu dunque una sorta di rinascimento virale. Tra i virus che ne
hanno fatto la storia, vale la pena di segnalare Tequila, Maltese Amoeba,
Starship,e Michelangelo (o Michalangelo, come lo chimano gli Americani). Con
il 1993, i virus poliformici e i motori per la loro creazione soppiantarno
definitivamente i virus di tipo normale: Non che questi ultimi non venissero
piu' creati, ma quelli polimorfici si rivelarono i virus che piu' degli altri
riuscirono a impegnare (e a volte a sconfiggere) gli antivirus. Oltre a creare
sempe piu' problemi a causa del loro progresso tecnologico, i virus mutanti
fecero infatti le loro prime vittime; alcune societa' che producevano
pacchetti antivirus non furono piu' in grado di fronteggiare gli attacchi
virali e decisero di ritirarsi dal mercato o furono acquistate dalla
concorrenza.
Con le prime vittime, si vede anche la nascita di altri sistemi per
l'individuazione dei virus, che si affiancano alla classica ricerca per
segnature: La ricerca euristica
vive il suo primo periodo di splendore, soprattutto perche' promette di
individuare anche virus di cui non sono disponibili le segnature. A dire il
vero c'e' stata e c'e' tuttora una ceta contrapposizione tra sostenitori di
un tipo di ricerca e i sostenitori dell'altro tipo; oggi sembra che la
scansione per segnature si stia rivelando il metodo piu' sicuro contro i virus
conosciuti, ma che la scansione euristica stia diventando indispensabile per
evitare infezioni da parte di virus nuovi.
Dopo la grande abbuffata di motori per la cifratura del virus (tra i quali
occorre ricordare Trident Polymorfic Engine , Nuke Encryption Device, Dark
Angel's Multiple Encryptor) , i buoni si presero una sorta di rivincita venne
creato il Generic Decripton Engine, un software in grado di decifrare il
codice e di stabilire se si tratta di un virus o no. Fu il primo passo per la
realizzazione della seconda generazione di strumenti per l'individuazione di
virus. Oggi i piu' diffusi pacchetti antivirus dispongono di un algoritmo del
genere.
I virus lanciarono nel frattempo una nuova sfida: Andare all'assalto
dell'ambiente operativo che intanto si stava imponendo nel mondo, cioe'
Windows. Furono in effetti
creati alcuni virus specifici per l applicazioni in Windows, ma siccome non si
trattava di un vero e proprio sistema operativo (alla base c'era il ancora il
vecchio DOS), non sollecito' molto la fantasia dei creatori di virus. Tutt'altra
musica sembra si stia preparando per Windows 95: Sia perche' si tratta di un
vero sistema operativo sia perche' si avvia (per pochi attimi) in modalita'
protetta, sia perche' a molti Microsoft e' antipatica, Windows 95 sembra aver
pungolato i creatori di virus. C'e' da dire che, a ogni modo, gli antivirus
non si sono fatti trovare impreparati.
fine terza parte
Da IK8JZK Ruggero Napoli
Cordiali saluti ai lettori del Radiogiornale
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